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Buccia di ceci

in IDEAS/Salty/Sweet

Fatta eccezione per alcune patologie che ne escludono la totale o parziale assunzione, la fibra è uno dei nutrienti fondamentali di una dieta equilibrata. Partendo da questo principio abbiamo cercato di trovare un nuovo possibile modo di impiegarla e consumarla. Nello specifico, durante la preparazione di una zuppa di ceci (preventivamente messi a bagno in acqua qualche ora per reidratarli e successivamente sbucciati per rendere il piatto finale più “vellutato”), è arrivata l’ispirazione. La cuticola che ricopre questo legume infatti ricorda per alcuni versi un cereale laminato, sia in termini di colore che di gusto.

CECI_ESSICCAZIONE

Sistemato il tutto su di un ripiano adatto abbiamo iniziato il processo di essiccazione prevedendo 3 diverse temperature secondo il seguente schema:

essiccazione_ceci_DOE

A processo ultimato, le bucce essiccate e con tre diverse consistenze, sono state riposte in un sacchetto ermetico così da poterle conservare al riparo dall’umidità sino al momento del loro consumo tal quale o ridotte in farina come naturale “integratore” o “strutturante” nell’impasto di qualche snack dolce o salato. In alternativa, come decorazione edibile nella stessa zuppa “vellutata”.

CECI_70_80_90

A e B) risultano essere più adatti all’immersione in un liquido caldo prima del loro consumo o come strutturanti e integratori all’interno degli impasti; C) risulta essere il più “croccante” e adatto quindi ad essere macinato. Da migliorare un pò tutti in termini di palatabilità ma nel complesso un prodotto “funzionale” adatto a chi desidera integrare la propria dieta con della fibra naturale e perchè no, ridurre gli sprechi in cucina.

 

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Sorbetto alla frutta

in IDEAS/Sweet

Cosa meglio di un fresco spuntino potrebbe darci momentaneo sollievo dal calore di questi giorni?
La scelta è stata quella di provare un sorbetto alla pesca (Prunus persica varietà platycarpa, “saturn”), banana e limone con granella di biscotto all’olio extra vergine d’oliva come decorazione.

ingrediente g %
pesca 200 33,3
banana 150 25,0
acqua 90 15,0
zucchero 60 10,0
destrosio 40 6,7
maltodestrina 30 5,0
limone 30 5,0
600 100,0

 

La ricetta è stata bilanciata per una temperatura del freezer di -15 / -17 °C e affinché 200 grammi di prodotto potessero raggiungere la giusta consistenza in un periodo di 4 ore circa.
Potere dolcificante 20-22, resistenza al congelamento 3132, brix finali a 37,538,5 e pH a 3,83,9.

Per ottenere una miscela ben omogenea e mantenere il colore caratteristico della frutta evitando quindi l’imbrunimento enzimatico, la preparazione necessita di una una sequenza ben definita di operazioni:

– preparazione dello sciroppo acidulo (55 brix): in un pentolino si disperdono gli zuccheri in polvere, si aggiunge l’acqua e il succo di limone filtrato. La temperatura si porta a circa 80 °C mescolando bene fino a quando lo sciroppo passerà da opaco a limpido. Tolto dal fuoco lo si raffredderà a bagno in acqua fino a 25 °C;

sciroppo

– aggiunta della frutta allo sciroppo e mix con frullino ad immersione per 1 minuto alla massima velocità;

– preparazione del contenitore che andrà riposto in freezer fino ad ottenere la struttura desiderata (indicativamente  si possono considerare 2 ore di freezer a -15 / -17 °C ogni 100 grammi di prodotto).

sorbetto_4

A completare il tutto si possono scegliere decorazioni diverse e in questo caso abbiamo optato per una granella di biscotto all’olio extra vergine di oliva.

 

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Attività dell’acqua (aw) – VI parte

in Ingredients/SCIENCE

Visto che in bibliografia è spesso difficile trovare dati relativi all’aw dei diversi sistemi alimentari, augurandoci possa essere utile in ambito applicativo, abbiamo pensato di pubblicare alcuni valori medi derivanti dalle nostre prove. Nello specifico, continuando con quanto iniziato nei post precedenti, presentiamo alcuni risultati emersi dalle misure di aw relativamente a soluzioni zuccherine contenenti saccarosio (S), destrosio (D), fruttosio (F), saccarosio+destrosio (S+D), saccarosio+fruttosio (S+F) e destrosio+fruttosio (D+F). Le coppie di zuccheri (S+D, S+F, D+F) sono state messe in soluzione considerando un rapporto di concentrazione pari al 50% in peso (p/p) e misurandone poi il relativo grado Brix.

aw - attività dell'acqua

Come si vede viene confermata la teoria per la quale quanto più basso è il peso molecolare del soluto e più alta è la concentrazione di questo, tanto più bassa risulterà l’attività dell’acqua mentre a parità di massa molecolare (D e F) e concentrazione tale valore rimane pressoché costante.

aw

Interessante notare che, miscelando 2 zuccheri con lo stesso peso molecolare (fruttosio e destrosio) e in uguale percentuale in peso, il comportamento in termini di aw finale risulta comparabile a quello dello zucchero singolo a quella data concentrazione. Si evince inoltre che le miscele di saccarosio+destrosio e saccarosio+fruttosio (S+D, S+F) presentano un comportamento intermedio tra le soluzioni del solo disaccaride (S) o dei soli monosaccaridi (D o F) presi in considerazione.

aw

I valori sono stati calcolati sperimentalmente considerando alcune tolleranze dovute all’ambiente e all’accuratezza (accuracy) degli strumenti impiegati e a nostra disposizione: temperatura 22 ± 1 °C; Brix ± 1, aw ± 0,01.

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Attività dell’acqua (aw) – V parte

in Ingredients/Products/SCIENCE

Ulteriori informazioni su alcuni specifici zuccheri e su come questi influenzino il valore dell’attività dell’acqua vengono presentate sinteticamente a seguire:

 

tipologia di zucchero/poliolo aw
Fruttosio 0,897
Destrosio 0,898
Zucchero d’uva 0,905
Sciroppo sorbitolo 0,913
Sciroppo glucosio-fruttosio 69DE 0,920
Saccarosio 0,927
Maltitolo 0,928
Sciroppo glucosio 39DE 0,939
Maltodesrina 18DE 0,946

 

I dati medi di aw riportati sono stati ricavati analizzando diverse soluzioni acquose con un valore di Brix medio pari a 40. Rispetto al precedente post abbiamo introdotto lo zucchero d’uva (55% destrosio e 45% fruttosio) e due polioli (sorbitolo in sciroppo e maltitolo). Nel grafico a seguire si può vedere l’ingrediente utilizzato in soluzione e il valore medio di aw associato.

aw

Continueremo con i commenti ed altre informazioni di taglio pratico nei prossimi post provando ad entrare anche in alcune specificità dell’aw inerenti la ricerca e lo sviluppo di prodotti alimentari.

 

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Attività dell’acqua (aw) – IV parte

in Ingredients/Products/SCIENCE

Eccoci con alcuni dati derivanti dalla pratica e che spiegano in modo semplificato l’influenza che hanno alcuni zuccheri sull’attività dell’acqua.

 

aw

Nello specifico abbiamo esaminato 6 soluzioni di acqua (60%) con uno zucchero (40%) riportando poi in un grafico l’andamento dei valori medi misurati relativi a Brix (residuo secco rifrattometrico) e aw.

Brix tipo di zucchero % in soluzione aw
39,50 fruttosio 40 0,897
36,00 destrosio 40 0,908
40,00 saccarosio 40 0,927
33,00 scir. glu-fru 69 DE 40 0,933
39,50 scir. glu 39 DE 40 0,939
39,50 scir. di glu 18 DE 40 0,946

 

Graficamente si vede come, a parità di concentrazione, l’influenza sull’abbassamento dell’aw sia maggiore per il fruttosio e minore per lo sciroppo di glucosio in polvere 18 DE passando in ordine da saccarosio, destrosio, sciroppo di glucosio-fruttosio 69DE e sciroppo di glucosio in polvere 39DE.

 

aw

 

Nel prossimo post vedremo invece come gli stessi zuccheri influenzino l’aw a parità di gradi Brix.

 

 

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Attività dell’acqua (aw) – III parte

in Ingredients/Products/SCIENCE

Abbiamo visto cos’è e quanto importante sia il parametro di aw nello sviluppo degli alimenti.
Ma esiste un modo per calcolare preventivamente l’attività dell’acqua di un prodotto alimentare?
Diversi sono i modelli matematici e le equazioni proposte, da quella di Bromley a quella di Pitzer fino a quella Tenz e Lenzi.

legge di Raoult
Una relazione matematica, derivante dalla legge di Raoult, ci risulta però comoda nel suo utilizzo, almeno nelle condizioni di idealità e per le soluzioni acquose.

aw = Xw / Xw + ψ (Mw/Ms) * Xs

Risolvendo questa formula si può avere una indicazione su quale possa essere il valore finale di aw.

Proviamo passare dalla teoria alla pratica?

Supponiamo di voler stimare il valore di aw di una soluzione a base acqua (18,01 g/mol) contenente 15% di saccarosio (342,29 g/mol), 16% di destrosio (180,16 g/mol), 17% di fruttosio (180,16 g/mol) e 2% di cloruro di sodio (58,44 g/mol).

sapendo ch

  • Xs + Xw = 1
  • la concentrazione di soluti è = Xs = 0,50
  • la concentrazione solvente  è = Xw = (1-0,50) = 0,50
  • ψ corrisponde al grado di ionizzazione

abbiamo

aw teorico = 0,50/0,50 + 1*(18/342,29)*0,15 + 1*(18/180,16)*0,16 + 1*(18/180,16)*0,17 + 2*(18/58,44)*0,02

= 0,904

con

aw misurato = 0,878

pari ad una differenza di (0,904-0,878) = 0,026 che, in termini di aw e a seconda dei casi, può essere un valore significativo e non trascurabile.

Ulteriori nostre numerose prove sperimentali hanno evidenziato, con una certa frequenza e costanza, il ripetersi della differenza tra valore teorico e sperimentale suggerendoci di apportare una piccola modifica alla formula proposta in precedenza che diventa quindi:

aw = [Xw / Xw + ψ (Mw/Ms) * Xs] – 0,030

dove il fattore mediato (-0,030), renderebbe le due misure di aw più coerenti e con un errore medio inferiore. Questo sembra valere almeno per le soluzioni acquose zuccherino/saline verificate e con una concentrazione compresa tra il 25% e 55%.

Con la stessa equazione è anche possibile, se pur dal punto di vista teorico, con qualche limite ed altre approssimazioni, fare delle previsioni relative all’attività dell’acqua di sistemi alimentari più complessi che comunque, soprattutto nello sviluppo di nuovi alimenti, è indispensabile verificare e validare con le opportune metodologie e strumentazioni.

Procediamo con le indagini e ci aggiorniamo presto!

 

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Il gelato: lipidi ed emulsionanti

in Ingredients/Products/SCIENCE

OLI  e GRASSI nel gelato. Di questo cercheremo di parlare nel post di oggi.

Un piccolo accenno è stato fatto qui parlando delle emulsioni.

E’ bene dire, o ricordare a chi già lo sa, che i lipidi, così i grassi sono anche chiamati, sono costituti da un gruppo di elementi eterogenei dal punto di vista chimico che però hanno in comune l’insolubilità in acqua mentre sono solubili in determinati solventi organici come, ad esempio, l’acetone. Hanno una densità inferiore a 1, quindi ecco spiegato perché galleggiano sulla superficie dell’acqua.

Sono formati da una molecola di glicerolo e uno o più acidi grassi: se uno, abbiamo i monogliceridi, se due i digliceridi, se tre i trigliceridi ognuno dei quali ha determinate caratteristiche chimiche e fisiche. Gli acidi grassi sono composti da carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O). Il legame chimico tra gli atomi di C determina se questo sia saturo insaturo e, semplificando, possiamo dire che tanti più insaturi ci sono rispetto ai saturi, tanto più fluido sarà un lipide.

-C-C-C-C-C- , SATURO

-C=C-C-C-C- , (mono) INSATURO

-C=C-C=C=C- , (poli) INSATURO

Così, oli, più diffusi nel regno vegetale, sono definiti convenzionalmente quei grassi che si presentano liquidi a temperatura ambiente e grassi, più diffusi nel regno animale, quelli che appaiono solidi. Questa, come vedremo nella tabella più sotto, non è da intendersi come regola assoluta.

Capito da dove derivano i famosi (o, per alcuni, famigerati) mono- e digliceridi degli acidi grassi?

In etichetta di alcuni prodotti alimentari, e non solo dei gelati, ci può capitare di trovare questi ingredienti che sono identificati dal codice europeo E471. Vengono impiegati con specifiche funzioni tecnologiche e, nei gelati, soprattutto per la loro capacità emulsionante e “montante” (overrun), in parte riescono cioè ad aumentare la capacità della miscela di inglobare aria al proprio interno in fase di masticazione.

Pur non essendo strettamente necessari in alcune formulazioni, ricordiamo che esistono diverse norme che ne regolano il loro impiego e, nei limiti di utilizzo, sono stati considerati “sicuri” per l’organismo umano.

Nulla in contrario dunque sull’uso dell’E471, purché lo stesso sia giustificato e non indiscriminato.

Dopo questo breve inciso torniamo ai nostri amici grassi che, così come svolgono importanti compiti all’interno dell’organismo, altrettanto utili lo sono nel gelato in quanto influiscono sul “potere montante“, sul “calore” percepito in bocca e sulla “cremosità“. Uno sbilanciamento, un loro usolavorazione inappropriate portano queste speciali molecole a mettere in luce difetti quali una “durezza” eccessiva, “lucidità” e sensazioni “saponose“, giusto per citarne alcuni. Conseguentemente è importante usarne giuste quantità e sceglierne la tipologia più adatta allo scopo.

A puro titolo indicativo è interessante confrontare i contenuti percentuali di grasso nei gelati Europei e Statunitensi che rispettivamente si attestano su valori compresi tra il 3% e il 9% e tra l’ 11% e il 13%  (i famosi ice-cream made in USA!).

muu_cow

In base a cosa possiamo scegliere il tipo di grasso da utilizzare nella preparazione di una miscela per gelato?

Origine della materia prima

VEGETALE

–   olio/grasso di cocco: se totalmente raffinato (al 100%), è un grasso insapore che riesce, grazie alla sua composizione chimica, a conferire una particolare “plasticità” in fase di masticazione e conservazione.

–   olio/grasso di palma: ai giorni nostri, anche perché gode di una reputazione, a ragione o a torto, non delle migliori, viene poco utilizzato. Più spesso utilizzato nei prodotti da forno.

–   margarina: da tutti (o quasi) conosciuta segue la via della palma e non trova molti impieghi in gelateria. Il retrogusto non sempre gradito è anche esso stesso un motivo per il quale viene accantonata.

ANIMALE

–   latte: sia esso intero (3,5% di grassi), p.s. (1,8% grassi) o scremato (0,5% grassi) contribuisce, apportando più o meno lipidi, a determinare gran parte alle caratteristiche del prodotto finale.

–   panna: contenente dal 35% al 42% di grasso è il grasso “nobile» per eccellenza.

–   burro: quello tradizionale è titolato a circa l’83%, la differenza (17%) è acqua.

  butter oil: è il burro anidro, puro al 99%. Praticamente privo di acqua è considerato “grasso allo stato puro”.

–   uovo (tuorlo): in determinate ricette possono anche esserci 10 tuorli per litro latte che contribuiscono ad apportare una importante fonte grassa e lecitine (emulsionanti naturali).

Nella produzione di prodotti alimentari che prevedono l’impiego dei grassi come ingrediente, e nello specifico di gelati, andrebbe prevista una “omogeneizzazione” cioè, semplificando, un processo di riduzione dei globuli di grasso al fine di poter avere un risultato finale “vellutato”. Per l’uso comune è spesso sufficiente utilizzare un comune frullatore ad immersione.

Caratteristiche chimico-fisiche

Considerare la specifica composizione ci aiuta a definirne le caratteristiche che, in maniera sperimentale, sono state riassunte in due parametri: il Punto Di Fusione (per i “solidi”) e il Punto Di Solidificazione (per i “liquidi”). Il PDF indica a che temperatura un solido passa alla stato liquido e, viceversa, il PDS indica a che temperatura un liquido solidifica.

PDF PDS
olio di mandorla da -10 °C a -25 °C
olio di nocciola -20 °C
olio di noce da -15 °C a -37 °C
olio di pistacchio da -10 °C a -11 °C
olio di cocco da 20 °C a 28 °C da 14 °C a 26 °C
olio/grasso di palma da 30 °C a 43 °C da 26 °C a 40 °C
palmistri da 23 °C a 30 °C da 20 °C a 27 °C
cocco idrogenato da 36 °C a 37 °C
palma idrogenato da 34 °C a 36 °C
cocco raffinato da 34 °C a 36 °C
burro di cacao da 26 °C a 36 °C da 20 °C a 27 °C
burro vaccino da 29 °C a 34 °C
burro anidro da 29 °C a 34 °C
butter oil da 19 °C a 32 °C
margarina vegetale da 35 °C a 37 °C

 

Il PDF in particolare, se ben interpretato, può migliorare sensibilmente il risultato sensoriale del prodotto finale.

Cerchiamo con un esempio dar seguito a questa affermazione e immaginiamo di prendere del “grasso di palma” con un PDF di 40 °C e di metterne in bocca una piccola quantità. Sapendo che la temperatura all’interno del cavo orale umano si aggira, in condizioni normali, intorno ai 36-37 °C, cosa vi aspettate accada?

Quel piccolo pezzetto solido non si scioglierà, o lo farà con difficoltà, facendo percepire una sensazione “saponosa” – “sabbiosa” e la spiegazione sta proprio nel fatto che la temperatura corporea non è sufficiente a far fondere del tutto il grasso in questione.

Le stesse considerazione possono essere così estese agli altri grassi per i quali si conosce il PDF e/o il PDS.

 

 

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Home made ice cream – I parte

in IDEAS/Sweet

holiday_on_ice_cream

Proseguendo con la serie “il gelato” cerchiamo di passare dalla teoria alla pratica casalinga.

Prepariamo gli ingredienti per del gelato alla nocciola che diverrà poi uno stecco ricoperto al cioccolato bianco e cannella con e senza granella di “nocciola Piemonte”.

660 grammi di latte intero fresco
140 grammi di zucchero di canna grezzo
100 grammi di pasta di “nocciola Piemonte”
50 grammi di panna fresca
50 grammi di destrosio
30 grammi di sciroppo di glucosio disidratato 39DE
30 grammi di latte magro in polvere
2 grammi di farina di semi di carruba

Per la copertura invece,

200 grammi di cioccolato bianco
40 grammi di burro di cacao
mezzo cucchiaino di cannella dolce in polvere.

Il procedimento di preparazione casalinga che abbiamo considerato prevede di mescolare insieme in un idoneo recipiente tutte le polveri, cioè lo zucchero, il destrosio, lo sciroppo di glucosio disidratato 39DE, il latte magro in polvere e la farina di semi di carruba.

polveri

Nel frattempo vengono pesati e preparati il latte, la pasta di nocciola e la panna.

latte_nocciola_panna

Una volta ben amalgamate le polveri, sono disperse nel latte che può essere sia freddo che a temperatura ambiente. Il tutto è poi miscelato con l’aiuto di un mixer, in modo da renderlo omogeneo, e versato in una pentola della capienza adatta.

pentola_temperatura_miscela

A fuoco basso si porta la miscela fino a 82-83 °C mantenendo questa temperatura per 3-5 minuti. Questo particolare step permette la completa solubilizzazione degli ingredienti, la formazione di alcuni aromi e l'”attivazione” della farina di semi di carruba.

Prima di aggiungere la panna e la pasta di nocciola la miscela va raffreddata. La panna è stata incorporata a 55 °C, mentre la pasta di nocciola a 35 °C ed “omogeneizzata” con l’aiuto di un mixer. Abbiamo notato che l’inserimento di questi ingredienti alle temperature indicate migliora la struttura e la palatabilità del prodotto finito. Infatti inserendoli a temperature più elevate, non ben amalgamati e ben raffreddati, potrebbero dare origine ad alcune “anomalie sensoriali” riconducibili ad alterazioni della struttura chimica-fisica della componente lipidica che, una volta in bocca, si percepisce al palato con uno sgradevole “effetto sapone” (unto, appiccicoso,..).

Per raffreddare la miscela può essere utile immergere la pentola in un altro recipiente contenente acqua fredda e un po’ di ghiaccio mescolando gentilmente per il tempo necessario a raggiungere la temperatura finale di 25 °C.

La miscela andrebbe travasata in un adatto recipiente e fatta “maturare” (e raffreddare ulteriormente) in frigo per almeno 1 ora. Se la si fa maturare a temperatura ambiente si deve avere l’accortezza di coprire bene il contenitore in cui si trova e riporla lontano da fonti di calore.

maturazione_miscela

La miscela, una volta pronta, può essere versata nella gelateria

mantecatura_gelato_1

e poi “mantecata” fino a raggiungere una consistenza sufficientemente morbida per essere riposta e lavorata negli stampi di silicone.

mantecatura_gelato_2

Il gelato è riposto negli stampi, viene tolta l’aria (“battendo” alcune volte sul piano di lavoro) e vengono infine inseriti gli stecchi di legno negli appositi spazi.

stecco_gelato

Se non si ha a disposizione un abbattitore (che in 15 minuti riuscirebbe a gelare completamente il prodotto), gli stampi riempiti possono essere riposti nel freezer per qualche ora e comunque finchè non sono ben freddi e compatti.

Il cioccolato bianco e il burro di cacao sono riposti in un pentolino, riscaldati a bagnomaria e mescolati di tanto in tanto fino ad ottenere un composto liscio e completamente fluido al quale va aggiunto infine la cannella in polvere. Questa fase può anche essere condotta nel microonde (450-600 W, per 45-60 secondi). Si mantiene la temperatura a intorno ai 38-40 °C per qualche minuto e si mescola per evitare la formazione di grumi. Lasciando raffreddare a temperatura ambiente, il preparato per la copertura si mantiene per almeno mezz’ora sufficientemente denso per rimanere adesso al gelato e sufficientemente fluido per colare se in eccesso.

copertura_cioccolato_bianco

Una volta terminato l’uso della copertura la si può conservare in frigo per qualche giorno e, nel caso di riutilizzo, scaldare come descritto precedentemente.

Una variante di prodotto prevede solo un “dipping” (immersione) nella copertura

dipping

l’altra invece, nella versione croccante con granella di nocciola.

versione_croccante_2

 versione_croccante_3

 

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